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lunedì 7 dicembre 2015

Mattine, posti e Orchidee...

Finita la settimana di "ferie" forzatamente assegnate.
E' passata più in fretta di quanto pensassi tra altalenanti vai e vieni di tormenti e pacificazioni con me stessa.
Onestamente?
Mi sembra di essere rimasta a casa tantissimo, già, io e il mio tempo dilatato.
Stamattina ero in piedi prima che suonasse la sveglia, ho aperto gli occhi alle 4,40.
Fuori ancora il tutto buio, il brividino, tipico in questa stagione uscendo dal letto scoperchiando il piumone, il silenzio e la pacatezza di quell'orario in cui tutto è ancora immobile, la cucina illuminata fiocamente dalla piccola luce della cappa-aspirante, la moca che mi attendeva sui fornelli già pronta dalla sera prima, il famigliare brontolio della caffettiera e l'aroma caldo e avvolgente, sa di buono l'aroma che emana la moka, soprattutto di prima mattina, nell'immobilità di tutto il resto che è la fuori.
Non so perché, ma mi ha ispirato, scatto una fotografia...



La casa mi è sembrata un po' meno estranea e ostile, solo la casa dentro intendo, quando sono al suo interno, tra le sue mura.
E' strano, sono stata adottata da questa meravigliosa regione (Friuli Venezia Giulia) circa nove anni fa,
non essendo le mie radici autoctone del posto, ho pensato e detto in alcune occasioni che un posto dove vivere, in una terra che non è la tua, è semplicemente un posto dove vivere, ci si può adattare, ambientare.
Beh, che stupidaggine...
 E' vero che da circa quattro mesi la  vita è cambiata visceralmente, capovolta e il cambio di abitazione, concomitante con la pesante valanga che in qualche modo ho fatto staccare io dalla Montagna, mi ha fatto comprendere ancora di più quanto non metterò radici nella nuova residenza...
Non mi piace la gente, non capisco il loro dialetto che sembra più una lingua straniera che un dialetto.
Fuori di qua solo estraneità.
Altra cosa e altro senso aveva tutto quando si attraversavano queste zone tra campi, vigneti e dolci colline nelle giornate che dedicavamo ai nostri giri in moto, lunghi, corti, senza meta, non importava, uniti e liberi.
Le mie radici in questa terra sono altrove, in altri posti non lontani da qui benché ora mi sembrino metaforicamente irraggiungibili.
Le uniche che si sono adattate senza problemi, oltre ogni previsione, sono la Stitchy e l' Orchidea.
Mi piacciono le Orchidee, da sempre, ho provato a tenerne più di qualcuna, ma niente da fare, nel giro di pochi giorni cascavano i fiori, ingiallivano le foglie.
Eppure mi ero informata su siti dedicati, anche provando a seguire alla lettera le varie modalità di annaffiatura e vaporizzazioni alla Nero Wolfe, che coltivava rare orchidee nel suo giardino pensile, non ho mai ottenuto nessun risultato degno di nota, anzi, nessun risultato degno.
Poi arriva lei, regalatami da una conoscente l'ultimo compleanno.
Me la consegnò a casa la fioraia, io le chiesi se per cortesia mi potesse dare un consiglio per conservarla a lungo, e la signora semplicemente mi disse:
"Lasciale sempre un po' di acqua, non tanta, ma che abbia sempre un po' di acqua a disposizione nel piattino".
Da Maggio siamo a Dicembre e lei....è ancora qui, con le sue foglie spesse e grasse di un verde intenso e radici sane.
Il segreto dunque è stato in quel poco di acqua sempre a disposizione, ma non solo...
Il posto... Il segreto è stato anche il posto...
Nella casa di Turriaco, nei vari tentativi, ponevo le orchidee su un muretto che separava il piccolo salottino dalla cucina.
La cucina era piuttosto luminosa, specialmente di mattina, anzi, fastidiosamente luminosa,
 nelle giornate soleggiate la luce entrava prepotentemente sin dalle prime ore, tanto da dover appoggiare gli scuri affinché ne entrasse di meno, a volte era fastidioso anche fare colazione, ancora non perfettamente svegli, con quel bagliore troppo intenso che faceva strizzare gli occhi.
Ma dal muretto, volgendosi verso il soggiorno, era come se la luce si spezzasse, un taglio in due.
Così quando arrivò lei a Maggio la spostai di pochissimo rispetto a dove ponevo le altre.
 La accomodai sull'angolo del tavolo della cucina, un metro, forse un metro e mezzo più vicina alla luce ma non toccata direttamente dal sole.
Ha trovato anche lei "il buon nascondiglio" come nel film -L'eleganza del riccio-.
Il pensiero è stato che non ce la facesse con il trasloco.
Non c'erano nemmeno qua grossi tentativi che potessi fare, la casa non è grande, grosse alternative non c'erano.
Mi è venuto quasi naturale sistemarla nell'angolo vicino alla porta finestra della sala, un angolino luminoso dove non le arriva la luce diretta del sole, la solita acqua a disposizione, una spolverata alle rigogliose foglie, di tanto in tanto, con cotone inumidito nel latte.
Piccoli germogli timidamente avanzano...
Lei no,
non si è accorta e non ha risentito del cambiamento...