I testi di questo blog sono scritti da me medesima, mentre la dove fossero di Autori diversi la loro firma verrà sempre riportata. Se qualcuno dovesse riconoscere scritti di lavori altrui non adeguatamente segnalati può farlo notare e provvederò alla loro rimozione dopo essermi accertata dell'esatezza della segnalazione. Le immagini presenti sono mie o sono prese dal web, preferibilmente da: Picasa - Flickr - Deviantart, per i video musicali la fonte è You-tube.

lunedì 30 novembre 2015

Ferie invernali e d'intorni...

Questa settimana mi ritrovo con una sorpresa non gradita:
Sette giorni di ferie forzate dati in assegnazione visto che durante l'estate ho usufruito di pochi giorni e ne ho ancora troppe per essere a fine anno.
No, non sono contenta.
Il lavoro alla fine mi è utile in questo periodo per scandire le giornate che iniziano di mattina buon'ora e in qualche modo deve venire la sera.
Il tempo mi sembra lungo, dilatato.
Ultimamente ho rallentato con i ritmi, sia fisici che mentali, una specie di sospensione per sfiorare nuovamente me stessa che mi aiuta a recuperare calma e una maggiore tranquillità di pensiero.
Non vi è nulla di risolto, solo silenzio e pause riflessive, forse non sto andando avanti...ma nemmeno indietro ed è già un piccolo traguardo visti gli scivoloni precedenti.
Il mio timore è che il tempo questa settimana mi sembri ingombrante e ancora più dilatato.
Contro ogni previsione non ci sarà nessuna visita da parte dei miei famigliari dalla Liguria.
 Oggi mia mamma e suo marito festeggiano il tanto atteso arrivo della pensione di lui, e di questo son contenta perché ha lavorato veramente tanto, e con domani parte il progetto di riorganizzazione della loro casa, lavori di restauro che hanno iniziato a programmare qualche settimana fa "prima che i soldi finiscano" così dice mia mamma.
Hanno da fare dunque, di questo sono assolutamente più serena anche io che di incursioni proprio non ho bisogno.
Il filo sottile che tiene in equilibrio il rapporto con mia madre è sempre più lacerato e consumato.
Non mi stupisce affatto il sentirle pronunciare le fatidiche parole degli ultimi giorni, come la registrazione su un nastro che arriva puntuale:
-Non hai idea di quanto sto male, non puoi immaginare- e poi eccola che si tradisce lasciandosi scappare che non ho ancora la tavola e le sedie delle cucina, quindi come si fà!?...
Bene, penso che il tavolo e le sedie mancheranno ancora per parecchio tempo, non ci saranno per le festività di Dicembre né per quelle di Pasqua.
In realtà ho iniziato a mettere da parte qualcosina ogni mese una specie di salvadanaio per ultimare la cucina, con l'anno nuovo vedrò se riesco nell'intento.
Intanto mia madre e sua sorella sono già proiettate al menù del loro Natale, è meglio pesce a Natale e carne a santo Stefano o viceversa? Agnello da comprare, carciofi da impanare, la cima, un classico nei Natali della cucina ligure...
Naturalmente mi chiede se ho fatto o farò l'albero che fà un po' di allegria.
 Ma pensa davvero che me ne possa importare qualcosa!?
Ascoltando taccio un attimo, prendo fiato e evito di perdere il controllo come quando a settembre il suo unico pensiero fù quello di dirmi:- mi raccomando metti manciate di sale grosso negli angoli della casa nuova che tiene lontana la sfortuna-.
Il significato profondo delle festività natalizie è tutto lì?
Un albero ben fatto, mangiare tanto e bene, bere sino a sentirsi il ventre tirato e gonfio?
E' questo un modo per mettere da parte il dolore, un grande dispiacere, l'assenza di chi tanto ti manca?
Sembra assurdo, c'è chi ci riesce!
Pur col rammarico di quanto in fretta possa cambiare la vita, sorrido e mi quieto pensando all'anno scorso.
Erano passati i primi giorni di Dicembre e preparavamo la partenza per la Val Pusteria approfittando delle ferie invernali, pochi giorni ma intensi, assolutamente ben riusciti e soddisfacenti, aria buona, aimè buona cucina, la  prima volta insieme ai mercatini di Natale a Brunico e San Candido, col loro centro pedonale, tutto illuminato come imponeva il periodo, ma un'atmosfera ancora tranquilla che si lasciava attraversare.
Per disilludere un po' l'immaginario collettivo c'è da dire che questi tanto decantati mercatini sono un po' tutti uguali, diventavano più che altro una meta nei tardi pomeriggi per rifocillarsi dalle escursioni con vin brulè e ottimi panini caldi con salsiccia.
Già, le escursioni, il freddo della ombrosa Val Foresta, i rifugi dopo Prato Piazza, il Monte Specie, le mie goffe scivolate sul ghiaccio, me ne ricordo una al giorno in media,  e l'idea di quella piccola traversata per sorpassare un tratto di percorso ghiacciatissimo che lì per lì mi aveva così tanto spaventata.
Le macchine fotografiche fedeli compagne di viaggio a immortalare panorami maestosi e giochi di luci.
La soddisfazione di quel fare che aiutava a sopportare gli acciacchi fisici e il proposito di tornare perché c'era ancora tanto da vedere, da esplorare.
Quel senso di appartenenza senza "possedersi", la condivisione di momenti semplici vissuti con l'incanto di sempre.
L'unicità di speciali semplicità.
No, non permetterò a questa settimana a casa di destabilizzarmi, farò quello che faccio ultimamente, mi coccolerò con il borbottio dell'acqua per il tè che bolle, o il brontolio della moka per un caffè, visto che quei fornelli non riesco a usarli per altro, le necessarie passeggiate con Stitch, qualche buona lettura, un po' di scrittura, e tanti bei ricordi a farmi compagnia, mi infondono quiete anche se non priva di malinconia...
E anche oggi è quasi passato...


domenica 29 novembre 2015

Portatrici carniche...

Ho finito di leggere "Donne in parete".
Ho potuto così conoscere, oltre ai nomi delle principali protagoniste dell'alpinismo femminile, anche la storia delle portatrici carniche che ignoravo completamente.
A loro è dedicata la prima parte del testo e ha stimolato non poco le mie visioni proiettandomi in quel momento storico sino a immaginare di poter essere una di loro.
Non si trattava per queste donne di alpinismo nel senso della ricerca della vetta.
Di sicuro sono state le precorritrici di ciò che sarebbe diventato l'alpinismo e l'arrampicata al femminile.
Le portatrici carniche erano donne, che al posto degli uomini emigrati o impegnati nei lavori dei campi, accompagnavano alpinisti sia italiani che stranieri venendo impiegate proprio nel ruolo di portatore , gerle in spalla, dentro tutto il pesante materiale necessario per l'ascesa.
Negli anni della prima guerra mondiale vennero arruolate come "portatrici belliche".
Questo unico e insolito fenomeno venne sentito lungo il fronte carnico, specie verso il settore di Monte Croce.
Gli Austriaci avrebbero facilmente potuto sfondare verso Tolmezzo mettendo in difficoltà le nostre truppe.
Gli uomini del Friuli, emigrati per lavoro in Germania e in Austria, nel momento della dichiarazione della guerra fecero ritorno nel loro paese, molti in modo assolutamente coatto, venendo subito arruolati dall'esercito italiano.
Abbandonarono immediatamente le loro case dopo averle appena raggiunte.
Fu richiesto tutto l'aiuto possibile anche alla popolazione civile, rimanevano dunque solo donne e bambini.
Le donne risposero compatte, per amore di patria (quella volta ancora condivisibile), le  arruolate furono circa duemila dai 13 anni di età sino ai 60, il loro desiderio era quello di poter essere di aiuto e giovamento ai loro cari, mariti, figli, fratelli impegnati al fronte.
Indossavano un bracciale rosso che doveva servire come riconoscimento, anche il nemico vedendo quei braccialetti le avrebbe riconosciute.
Ma dal nemico spesso non vennero rispettate proprio in quanto donne e non soldati.
Ogni mattina all'alba si presentavano ognuna presso il proprio comando, le gerle venivano riempite con viveri, munizioni, posta per i soldati, divise pulite, il carico poteva arrivare sino a 30  anche 40 chili.
Ore e ore di salite impegnative, con qualsiasi condizione metereologica, i piedi protetti da calzature che non avevano nulla di "tecnico" come quelle che esistono oggi, i loro calzari erano le "scarpez", scarpette di pezza o zoccoli di legno, portavano così quei pesanti carichi lungo gli erti pendii, pioggia, neve, gelo, scivolare sulla roccia bagnata e risollevarsi un attimo dopo.
Pochissime ore di riposo notturno, gerle che arrivate sulla cima, appena il tempo di consegnare ciò che andava consegnato alla truppa e nuovamente venivano riempite con ciò che era da riportare a valle.
Una paga di pochi centesimi, un po' meno della metà della paga dei soldati.
Le loro fatiche continuarono senza mai interruzione sino al 28 ottobre 1917 quando la sconfitta di Caporetto costrinse le  nostre truppe a ritirarsi precipitosamente sulla linea Piave-Grappa per non essere colti alle spalle dal nemico.
Così le preziose gerle diventano rifugio per l'indispensabile che sarebbe servito durante quella fuga, costretti e costrette a vivere nascosti in scuole abbandonate e caserme come profughi, solo la vittoria permise loro di far ritorno alle case d'origine.
Donne che hanno compiuto le loro salite instancabili senza arrampicare, una umile e preziosa presenza che faceva vivere loro il raggiungimento delle truppe come la più magnifica delle vette, spontaneo impulso etico e amore.
Presenze silenziose e rassicuranti operosità, se qualcuno avesse chiesto -Qualcuno conosce la strada?- ognuna di loro avrebbe potuto rispondere con un "si".
I libri di storia non parlano di queste piccole donne dalle mirabili imprese senza quasi nessun riconoscimento.
La legge che darà diritto anche a loro al sussidio concesso ai combattenti della guerra 15/18 è stata approvata solo nel 1980.
Non arrampicavano, no, ma le loro salite su sentieri mal segnalati o non segnalati affatto vale forse più di qualsiasi scalata.
Antesignane delle scalatrici sia storiche che contemporanee come Luisa Fonton, Paula Wiesinger che dopo l'incontro con Hans Steger non sciolse più il nodo di cordata che li tenne uniti sino alla fine dei loro giorni, così come Ninì Pietrasanta che arrampicò sempre con il suo compagno di vita e di cordata compiendo le imprese più belle,  Mary Varale la poliedrica Signora di Milano dallo spirito indipendente, ricercatissima dagli scalatori più famosi, Nives Meroi che ha salito tre volte gli ottomila metri, aperto vie della massima difficoltà e ha insieme al suo compagno Julius Kugy una predilezione per i bivacchi, incontro ideale il loro dato dall'unità di sentimento verso queste cime nonostante l'abisso tecnico che non li separerà mai.
Donne unite sia in guerra che in pace da ideali e passioni che vincono ogni fatica raggiungendo oltre la vetta un tipo di elevazione più intimo e interiore che la montagna raffigura.
Grazie a Roby che me lo regalò.
Si, era il momento giusto per leggerlo.

sabato 28 novembre 2015

La solita politica...

Il Ministro del lavoro Poletti ha in questi giorni dichiarato, a parte le eresie sull'orario di lavoro, che:
non serve a nulla laurearsi a 28 anni con 110 e lode, bensi' sarebbe piu' utile farlo a 21/22 magari con un 96.
Intanto ricorderei al Ministro che le famiglie italiane non sono tutte fatte da figli bamboccioni, esistono anche studenti lavoratori, o esigenze che fanno optare per un cambio di facolta', gia' questo sarebbe sufficente per giustificare qualche ritardo.

Mi piacerebbe poi sapere chi si laurea a 21'anni visto che ti diplomi a 19 occhio e croce, a meno che non si abbia a che fare con qualche raro genio precoce con quoziente intellettuale altissimo.

Decido di leggere qualcosa in piu' su di lui e scopro che e' diplomato Perito agrario,  quindi cosa ne sa lui delle Lauree altrui!?
Per onesta' intellettuale dovrebbe dire ai giovani italiani che per trovare lavoro e far carriera basta anche solo un diploma, salvo iscriversi in giovane eta' alla LegaCoop della quale lui e' stato presidente per molti anni e specificare che come da sua esperienza la Laurea in alcuni casi fortunati non serve ne a 21 ne a 28 anni.
Complimenti Ministro!
Soprattutto la ringrazio per essere riuscito, per un attimo, a dirottare la mia attenzione su altro oltre le mie difficolta' attuali.
Come sempre siamo in ottime mani, i nostri figli e noi.

Ramo spoglio...

Stamattina su un ramo spoglio
dell'albero davanti casa, un pettirosso ben pasciuto cinguettava, con quel beccuccio gioioso.
Si, cosi' pareva, gioioso.
Mi vien l'istinto di fermare quel momento, lui e il suo canto, in una fotografia...
Entro  in casa, prendo  la borsa che contiene la macchina fotografica,
 l'ultima volta credo di averla avuta tra le mani tra Luglio e Agosto a Lokua, cercavamo un po' di refrigerio da quei torridi giorni che squoiavano volonta' e energie...
E....non sono riuscita a prenderla in mano.
L'occhio vede ma non va oltre,
il desiderio non vince sulla mano,
la mano non osa e ridepone.
Sospensioni...

 

giovedì 26 novembre 2015

Frammenti di dialogo...

Obiettivi mantenuti e da mantenere nel rapporto di relazione con me stessa.
Passare le notti sul divano dando la colpa ai momenti difficili?
Problema superato da tempo.
La tv accesa di notte con la scusa che fa compagnia e concilia il sonno?
Adesso mi da fastidio, preferisco la compagnia del leggero strofinio delle dita su un libro mentre ne giro le pagine.
In attesa che mi chiamino dalla libreria per l'arrivo del libro di Castaneda ho iniziato "Donne in parete" era rimasto li fedele aspettandomi, io forse aspettavo il momento giusto, quella vecchia storia, che poi una storia non è, che sono i libri a scegliere noi e non viceversa.
Momento arrivato.
Lettura che crea in me un impatto emozionale fortissimo, frammenti di Diari, articoli, riflessioni che ancora di più rendono giustizia alla bellezza della Montagna.
Il buio di notte?
Non e' piu' un problema, ora le tapparelle sigillano ancora meglio il bisogno di rannicchiarmi nel piumone e cercare di spegnere tutto, e dico tutto, ma nonostante questo restano notti insonni.
L'altra parte del letto rimane intatta con accanto quel comodino vuoto e la tua radiosveglia che non riesco mai a far funzionare.
Di tanto in tanto allungo un braccio verso il cuscino...
Ti son vicina come non mai nonostante questo braccio di vita tra te e me a mantenere le distanze.
Accendo  la cornice elettronica con la vita piena, vissuta, fissata in quelle foto, mi arrendo alle lacrime e a teneri  affettuosi sorrisi insieme, eppure ne sento il conforto.
Sconfiggere solitudine o malinconia e la lama di quel coltello tagliente che sono tutte le mancanze?
Sarebbe inutile ogni tentativo, ho quasi cura di questi coinquilini a modo loro affettuosi con me.
Quindi leggo, scrivo, ho ripreso a scrivere anche con carta e penna, prendo nota di un sentire che arriva di getto, lo trasporto in parole che forse solo io posso capire.
Le giornate scorrono lente e tutte uguali, cerco ora di tener presente quel "fare le cose concrete che ci sono da fare nel modo più pragmatico possibile".
Meglio sarebbe stato se lo avessi fatto prima.
L'ambiente di lavoro come unica frequentazione sociale crea, a suo modo, un diversivo nei giorni che tutti si assomigliano.
Non riesco ad avere attenzione verso certe persone se non per qualche minuto, spesso per mancanza di contenuti, troppe banalità, preferibilmente mi stacco, vado Altrove.
Sterili conversazioni, la maggior parte tutte prese già dalla frenesia delle ferie, festività, il Natale qui, Capodanno là...
Ovviamente il periodo "impone" che questo sia l'ordine del giorno ricorrente, e soprattutto che tutti si preparino e predispongano a "essere felici" almeno in quei giorni.
Feste....Vi Odio...
Solo per una certa forma di educazione tento di resistere per un po', poi è come avere una Mappa nella testa della quale conosco ogni partenza, ogni arrivo... ogni ripartenza...
La mappa mi porta via, fisso un punto, lo sguardo sembra perso, in realtà osservo già al di là,
è come passare attraverso le cose, oltrepasso muri, confini cintati, trovo me, trovo te, noi, il nostro mondo.
Unico, impercettibile e incomprensibile agli altri.
Già, considerati quelli schivi e diversi...
I colori ancora caldi di questo Novembre mi portano ricordi talmente cari e felici.
Mappe che sino a poco fa erano totalmente aperte e possibili ora posso raggiungerle solo così.

"Quante Cime qui intorno a me,
grandi e umili insieme,
esse sanno aspettare,
non invecchiano come noi,
non si stancano.
Chissà se un domani mi sarà dato di ripercorrere il sentiero
per imparare di nuovo a vivere la loro pace
e imparare il segreto della loro
statica dolcezza"
(Donne in parete)
 

martedì 24 novembre 2015

Libri...

Domenica era iniziata sotto i migliori auspici, tenuto conto del difficile momento.
Avrei potuto definirla una giornata di grazia.
Uscita di buon'ora come al solito con Stitch  mi accorgo che durante la notte i termometri hanno ceduto ad un brusco calo delle temperature, respiro quell'aria frizzante e secca, contenta, e il fumo bianco del respiro condensato mi esce fuori dalla bocca, inspiro ed espiro varie volte, poi mi rintano a spalle strette dentro al collo alto della giacca, tiro su il cappuccio, finalmente è arrivato l'inverno.
Non esco volentieri da un bel po' ormai.
Le solite passeggiate con la cagnetta come imprescindibile impegno quotidiano, un po' di spesa una volta alla settimana, il breve tragitto per recarmi sul posto di lavoro che in qualche modo diventa anch'esso nido, rifugio.
Decido di impegnare almeno parte della mattinata con una uscita.
Meta centro commerciale Tiare, li trovo anche la libreria che ormai conosco e so che con la ricerca dei libri vado a colpo sicuro.
La sorpresa più bella è stata la vista che concedeva la cinta delle Prealpi Giulie tutta innevata, ha fatto una spruzzata anche sul Matajur, le colline del Carso Isontino avvolte da un velo ghiacciato, mi guardo intorno, giro e rigiro il collo più volte, arrivo sino alle Dolomiti Friulane, sorrido malinconica, gli occhi pieni di confortanti visioni di tutto ciò che non mi sarà più possibile, ricordi vivi, li posso toccare, li posso sentire, sono lì, una cima, un rifugio, muscoli affaticati di passi affondati nella neve con le ciaspe, trovare il passo, il respiro sino a raggiungere quella sensazione di separazione da tutto ciò che non serve al corpo e alla mente, ti ritrovi in una dimensione di profondità assolutamente intima e li ti riconosci...
Te, io, le montagne con o senza neve, in tutte le stagioni, scendono lacrime comprensibili, eppure in questo momento sembra tanto più lieve la disperazione.
Queste Montagne parlano con un comprensibile e semplice linguaggio, si animano di ricordi, chissà se offriranno col tempo esili appigli per andare oltre...
Mi reco in libreria, ignara della valanga che di li a poche ora mi travolgerà.
L'ho scelto tra molti, credo le sarebbe piaciuto. Ho chiesto un pacchetto regalo che prenderà le sembianze di li a poco di un gesto di cui mi devo vergognare, un affronto.
Nel frattempo, in questi giorni, ho finito di leggere "1984", così ne ho approfittato per ordinare "Una realtà separata", lo avevo ripreso con l'intento di finirlo senza frapporgli altro in mezzo, non ho avuto coraggio quel giorno di chiederti se potevo tenerlo ancora per un po'.
 E' uno di quei libri che mi fa piacere leggere sfogliandone le pagine tra le dita.
Arriverà, mi hanno detto, tra una settimana, 10 giorni al massimo.
Sfascio dalla carta colorata l'altro libro, lo restituirò con la banale scusa di un doppione.
Ecco di nuovo tutto e tutti al loro posto.
Libri compresi....




lunedì 23 novembre 2015

Ladri di Famiglie.

In bilico continuo tra raziocinio e sentimento.
Capace di severe e violente introspezioni alla fine resto una sentimentale.
Destinata a invecchiare così.
Sento,
 mossa dai sensi, poi accade, nel silenzio,
ciò che non riesco a dire penso,
tante volte non vedo,
 ma di tanto in tanto sento, qualcosa comprendo.
Filo sottile che può rendere gli equilibri precari, impotenti tra associazioni e dissociazioni di idee.
Nessuno dei due aspetti ci tiene al sicuro, protetti, immuni da dolore e sofferenza.
La mente, che crediamo ingenui di poter controllare, ci rende più paurosi e forse schiavi proprio delle  paure più recondite, portandoci a chiusure e barriere insormontabili.
Il sentimento ci rende vulnerabili e indifesi, basta anche solo una parola per farti a brandelli.
La cosa che mi dispiace di più non è raccogliere brandelli di me,
non mi fa paura quello, mi sento, ci sono, posso farlo, lo considero quasi un dazio che devo giustamente pagare per il taciuto.
Ciò che fa più dolore è che un gesto d'affetto possa essere pesantemente frainteso, visto come tentativo di mistificazione, per arrivare chissà dove.
Non so cosa è stato scritto, non so come è stato interpretato.
Di sicuro so che tanti anni fa qualcuno "mi rubò" la mia famiglia, un uomo ossessivo e maniacale tentò di trattare mio figlio come se fosse non "qualcuno" ma "qualcosa" di suo, ignorando che mio figlio aveva un Padre.
Figura indispensabile per qualunque creatura in crescita che ho difeso con le unghie e con i denti.
Ho ancora le grida nelle orecchie, le parole, nette, di tutte quelle discussioni, inutili, perché con certa gente non ci ragioni.
Allo stesso modo conosco la tua storia, sopruso e ladrocinio che un altro Padre ha dovuto subire, (forse meno tutelato e protetto? Non lo so),
e ciò che ne conseguì e sempre quel maledettamente caro prezzo pagato per riappropriarsi dell'autostima e la ricostruzione personale...
Forse anche io pago per qualcosa che è in un passato che mai si potrà elaborare completamente,
ci dicemmo una volta che se a distanza di anni ci ritroviamo ancora a parlare di certe situazioni qualche motivo ci sarà.
Come mamma che ha subito a suo tempo e conosce la brutalità di quei soprusi, come puoi pensare che potrei ora farli subire a te!?
No, non sono io la ladra di famiglie,
sono solo un'inguaribile sentimentale,
destinata a invecchiare così.
Però tu "Torna"
 anche se dovesse essere non accanto a me..."Torna"...


"Una di quelle persone benefiche che incontri per caso
 e ti viene voglia di abbracciare,
 perché ti sorridono dal fondo della loro esperienza umana
 e di colpo ti risarciscono dell'altra metà del mondo"
- Margaret Mazzantini [Venuto al mondo] -


mercoledì 18 novembre 2015

Era Novembre.
All'inizio il  Rilke in una giornata, nel pieno dell'autunno, ancora tiepida e assolata.
Giorni dopo il Carso, anche per me sarebbe diventato un amico,
era sempre stato li,
 a portata di mano,
ma per me e le mie immotivate paure ancora uno sconosciuto,
 i primi passi, sotto quell'ombrellino che appena copriva entrambi.
In giornate come queste, umide di nebbiolina,
accarezzava i volti come leggero vapore nebulizzato.
Un'atmosfera di avvolgenze anche senza dir niente,
era sufficiente esser lì.
Sotto il capannone , seduti sulle panche affiancate alle tavole da sagra,
parlando del "qui e ora",
"Come stai qui e ora?"
"Bene."
"Allora è ciò che basta..."
Sino al giorno del San Michele.
Con semplicità abbatteva le ultime reciproche resistenze.
Tutto quanto di te raccontava la tua unicità,
quel tuo essere così diverso e speciale.
Si, era Novembre,
proprio questi giorni di Novembre.
Ti cerco nei posti che i miei occhi hanno visto e vissuto con i tuoi,
nei piccoli gesti di quelle tenerezze,
torno ad accarezzare le pareti di Castel Cadorna,
seduta su quel tronco dove appoggiavamo gli zaini,
gli occhi pieni e stanchi,
resto li e osservo muta.

martedì 17 novembre 2015

Sole spento.

Ore otto, porto fuori la cagnetta.
C'e' un uomo di una certa eta' che gira tutto il giorno per il quartiere.
Lui non parla, solo canta a squarciagola.
Si accosta a me con la bicicletta, la Stitch subito in agitazione, io pure.
Mi guarda e inizia a cantare cosi':

"La giornata e' uggiosa,
La giornata e' uggiosa,
Prendilo tu questo sole che e' spento,
Prendilo tu questo sole che e' spento."

Mi fermo, lo guardo mossa da una simil-rabbia immotivata, forse timore, e un po' di tenerezza...
E penso
"Tu non lo sai ma io ho gia' il mio sole spento col quale fare i conti ogni giorno, quello di oggi lo lascio a te che hai di sicuro l'anima piu' in pace di me".

domenica 15 novembre 2015

Notti...

Dannatamenti insonni,
non c'e' mistura che tenga.
Troppo tardi per essere ancora ieri,
troppo presto per essere gia' domani.
I sogni, anch'essi ci son preclusi,
i sogni son per chi dorme,
non per i dannati della notte.
Mi rassegno, mi arrendo,
attendo che passi
quest'inganno che e' la notte.

sabato 14 novembre 2015

Giornate che lascio trascorrere nella loro lentezza.
Rispondo a qualche breve messaggio, piu' per cortesia che per voglia.
Poche colleghe divenute amiche, disinteressamente  sempre presenti dal momento in cui si manifesto' la malattia, mentre altre che credevi amiche, ti chiamavano sorella, presto han fatto a non esserci piu'.
Il resto e' Contemplazione statica di pareti vuote, in questa casa che e' tormento e nascondiglio.
Mi domando solo cosa resta di questa piccola vita se non la stupidita' di una donna lasciatasi sopraffare dalla paura.
E' cosi' che si imparano le lezioni, a caro prezzo e sempre quando e' tardi?
Avevo pensato che in un momento del genere avrei ripreso a fumare.
Ho pensato a te, a quell'ultimo pacchetto che ti regalai a Pasqua con quella promessa che tanta fatica ho fatto a mantenere, e tanta pazienza hai avuto tu, ma ce l'ho fatta, ho pensato a me, al cancro per ora sconfitto. Porto avanti quella promessa restandole fedele.
Non pasticcio piu' il viso, e sai, mi piaceva cosi' tanto quando mi dicevi:
"sei piu' caruccia cosi'".
Non coloro piu' i capelli accettando questo sale e pepe.
Gia', i capelli che quando li portavo lunghi, ho capito solo con il tempo e proprio con la malattia, mi servivano per coprire il viso, la fronte, gli occhi, altro inutile scudo per nascondermi, non so nemmeno piu' da chi o da cosa, che ho abbandonato.
E poi tutto quello che gia' so, che gia' sai.
Non per superficialita', credo di poter ammettere oggi, reazione ribelle inconscia a chi governo' padrone il mio passato, imponendomi cosa dovevo fare.
Non ne avrei pagato il prezzo io, non ne avresti pagato il prezzo tu.
Ma prenderne coscenza prima era cosi' difficile?
Tengo stretto e faccio tesoro delle emozioni e del  conforto di ieri, di quel dialogare sano nonostante il dolore.
Tengo stretta quella mano che ci siamo dati e quell'abbraccio dal quale non mi sarei staccata piu' e quella commozione intimamente condivisa...
Ferma, non ti muovere...

giovedì 12 novembre 2015

Giorni di nebbia...

La nebbia è tornata a salire densa.
Dalla terrazza, una tazza di te bollente tra le mani, mi lascio avvolgere,
Vedo solo sino alla ringhiera, non più in là.
Visione che mi echeggia nella testa come similitudine di vita.
Non essere  in grado di vedere più in là....
Metto tutto in discussione, anche la psicoterapia. Uno psicoterapeuta è li per consentire l'elaborazione di stati soggettivi o oggettivi?
In realtà non accetto di essermi sentita dire ciò che non mi aspettavo.
-"E' lecito che una persona decida cosa rivelare del suo passato e cosa tenere per se, tanto più quando si parla di un passato come il suo, pesante, di violenze. Proprio due anni fa, durante i nostri incontri avevamo fatto un accenno a quella situazione e subito mi ero accorta di quanto fosse riluttante a parlarne, quindi non ho insistito. Ma ad oggi penso sia stato un errore non attraversare tutti i nodi mentali collegati ancora con il passato, qualcuno di essi non è stato sciolto.Si scrolli di dosso questo senso di colpa"-
Mi chiede "ma non riesce proprio a essere arrabbiata, almeno un po', ci sono state parole forti, pesanti, di quelle che lasciano un segno!?"
No, non c'è rabbia se non con me stessa, tanto meno odio, che, per quanto sia anch'esso un sentimento, forse aiuterebbe in qualche modo, per quanto io lo ritenga un filtro assai ingannevole, non delucida, annebbia.
Provo solo la sensazione della vita che rotola sotto i miei piedi, ho solo questo paio di scarpe, per quanto scomode possano sembrare me le tengo.
Come coinvolti da una collisione, l'impatto ha generato reazioni a catena forse solo in parte prevedibili.
Particelle che cercavano di restare unite alle altre, per rafforzare il legame, hanno solo generato la reazione opposta e contraria facendole scappare via verso spazi lontanissimi e irraggiungibili, silenti.
Spazi silenti con all'interno un grido di dolore.
Perché so bene quanto anche l'armatura che può sembrare più indistruttibile è costata un prezzo carissimo in termini di dolore pagato.
Il dolore l'unico protagonista, filo conduttore comune.
E'  fisico, lo sento nelle viscere, sotto la pelle, nel cuore, nella testa, in gola quando riprendono a non uscirmi le parole.
Nemico acerrimo o severo maestro?
Non c'è conforto, ne parola che sia utile, non gli si sfugge, ci si passa attraverso da soli, ognuno a suo modo.
Difficile se non impossibile stabilirne i confini, la durata, la capacità di sfaldamento e lacerazione.
Dolore e memoria si uniscono come un connubio imprescindibile tra sollievo e condanna.
Non tento di sfuggire ne a l'uno né all'altra., sarebbe inutile.

"Le parole sono importanti,
distruggono o costruiscono.
Il silenzio è importante,
allontana o avvicina.
Le pause sono importanti,...
costringono a fermarsi..."
(E.I. Anastasi)

lunedì 9 novembre 2015

Novembre....

Dopo gli ultimi giorni di Ottobre, nei quali una pioggia lenta e cantilenante, sembrava un classico per quel periodo, nell'ultima settimana sembra di essere stati proiettati in un'altra stagione.
Mi concedo brevi passeggiate con la cagnolina.
Stitch gode di un buon periodo, sembra non fare fatica e sgambetta curiosa.
In realtà, giorno per giorno, cerco di prolungare di qualche passo le nostre uscite.
Subito dopo il Campo Santo si trova una zona pianeggiante ricca di vigneti che si susseguono uno dopo l'altro.
Ogni volta che passo di li non posso fare a meno di fermarmi, c'è una panchina, mi siedo e mi perdo in quei brevi momenti di silenzio che zittiscono il fracasso che ho dentro.
Riprendo il cammino, in mezzo ai vigneti posso liberare Stitch dal guinzaglio e inizia a fare scorpacciate di erba.
Impossibile non pensare alla Montagna,
Lei davvero ha il potere di placare il fracasso che hai dentro e che c'è fuori, quella sensazione te la porti a casa al ritorno, una coperta per l'anima.
 Riesco a sentire esattamente come sarebbe respirare lassù in giornate come queste.
Arrivare a destinazione, scendere dalla macchina, osservare quello che hai intorno a te.
Tutto intorno chiama.
 Indossare gli scarponi, lo zaino pronto dalla sera prima per non correre il rischio di dimenticarsi qualcosa che potrebbe essere utile, valutare in base alla stagione gli strati di abbigliamento necessari, prepararsi per l'escursione programmata e preparata giorni prima.
In quei momenti sei  proiettato come in un'altra dimensione, una dimensione intima e di contatto con te stesso e ciò che ti accoglie intorno.
 La Montagna meta fissa nei miei pensieri.
Novembre, l'autunno,
 i colori pieni e caldi in tutte le sfumature di gialli e rossi delle viti e degli alberi intorno,
boschi secolari che se potessero parlare ti rapirebbero con i loro racconti,
profumi di foglie, muschio e terra,
 ricordi e realtà.

mercoledì 4 novembre 2015

28/10/15 Ferma li...

Le borse con dentro le mie cose sono rimaste li, appoggiate dietro al divano da mercoledi'.
Solo ieri ho provato a metterci mano, non ho tenuto tutto.
Cio' che era legato a ricordi troppo intimi, che ora diventano ancora piu' dolorosi, l'ho allontanato.
Ho riposto con cura il completo della moto in armadio,
 lo stesso ho fatto con i caschi.
 Conservero' tutto qua, l'unica persona alla quale li cederei sei tu.
Conservano tutto un racconto, una storia a me così cara,
 non sono semplici "cose", parlano di posti visti, di cose fatte, di cose dette e contengono i progetti che non abbiamo potuto portare a compimento.
Il tavolino di ferro della vecchia Singer e la bicicletta attendono in terrazza, con pazienza, che mi senta di dedicare un po di tempo anche a loro.
Cerchero' di farlo al piu' presto.
Non sono ancora riuscita a riprendere il lavoro.
Mi domando se e' stato un bene o un male fermarmi,
comprendo poi che non sarei riuscita a fare diversamente.
In un momento in cui stento a recuperare risorse e lucidita'per me come posso pensare di averne da dare a persone ottuagenarie cariche di bisogni e richieste da soddisfare?
Con il cibo in questo periodo proprio non andiamo d'accordo.
E' già di per se un problema usare lo spazzolino da denti, quando devo, conati di vomito sono lì pronti tra gola e bocca che mi aspettano al varco.
Ho ripreso gli incontri con la psicoterapeuta, mettermi davanti a quello specchio forse mi aiuterà a recuperare una motivazione nei confronti della vita che non c'è più.
Mi consiglia di scrivere se mi sento di farlo, aiuta la terapia.
Dopo gli ultimi eventi mi condanno anche per questo,
 la capacità di mettere insieme pensieri scritti o una certa propensione dialettica possono essere visti, per certi versi, come un dono,
ma in questo momento li riconosco più come una maledizione dalla quale mi sono lasciata sopraffare.
Faccio tutto quel che devo, lo faccio perché devo, me lo dicesti tu recentemente "il senso del dovere, alla fine, è stato quello che ti ha portato avanti sempre".
Così ho finito di sistemare tutta la parte burocratica riguardante la casa, continuo a occuparmi della cagnolina con i suoi bagni anti-dermatite ogni tre giorni e finalmente, almeno lei, pare star bene.
Per il resto solo il senso di impotenza, quasi alienante,
 la sensazione netta di aver perso di vista le tue necessità in balia di un mio stato emotivo che avrei dovuto tenere a bada
 e una domanda alla quale non potrò mai dare risposta senza il tuo aiuto.
Guardo le tazze con le nostre foto stampate tutte intorno.
Ti do la Buona notte ogni sera, ti chiedo come stai ogni mattina.
Per il resto non posso più rimediare, non posso fare altro se non stare al mio posto.
 Manca quel "A domani" che è l'augurio più bello e carico di significato che due persone possano farsi....
 
 
 

domenica 1 novembre 2015

Stamattina ero in piedi di buon'ora, come accade ormai da moltissimo tempo.
Nel percepire che la testa iniziava da subito a farneticare in pensieri che mi trascinavano nel solito vortice decido di alzarmi.
La giornata tersa, una bora non prepotente come di solito,
 mi accompagnano in una passeggiata verso il Campo Santo.
Il sole caldo sul viso e il vento freddo fanno un po' a pugni tra loro,
 sollevo il cappuccio della giacca e proseguo con passo lento e regolare sempre un po' persa nei miei pensieri.
Non ho nessuno a cui far visita qua, mio Padre riposa in una città lontana, ma sono certa che avrà gradito il pensiero di quel cero acceso per lui e per tutti.
Non ho mai compreso il perché, ma nonostante non si possa dire che il Cimitero sia un bel posto,
se non altro perché rappresenta la fine di una vita a volte anche precocemente,
e il distacco definitivo (almeno fisicamente) dalle persone che amiamo,
 è sempre stato un luogo in cui trovo pace.
Le persone che lo frequentano sembrano abbandonare, almeno momentaneamente, quella nevrastenia quotidiana dalla quale ormai pochi sono immuni.
Ci si prende cura, quasi con devozione.
La pulizia delle foto sulle lapidi, delle tombe dagli aghi dei Cipressi, fiori freschi ben disposti non mancano quasi mai.
Ogni volta che mi sino recata al Cimitero, nella mia città natale, con mia madre lei parla in continuazione, parla con sua mamma, con sua suocera, con mio papà, non è mai riuscita a capire il mio stare in silenzio di fronte a loro.
Ha sempre identificato questo mio comportamento come un atteggiamento freddo e di distacco che, secondo lei non contempla dolore, sofferenza o ancora peggio la conservazione intatta della memoria.
Per me in quei momenti di "incontro" tutto è proteso all'attenzione metafisica con i nostri cari,
attenzione che forse nemmeno quando erano ancora accanto a noi siamo stati in grado di dare.
E per me il  silenzio del Campo Santo non è silenzio vuoto, ma è il modo attraverso il quale le anime dei nostri cari ci parlano ancora.
Per sentirli c'è bisogno di silenzio e raccoglimento.
Se continuiamo a sentire noi stessi non possiamo sentire loro.
Un pensiero per tutti coloro che hanno perduto qualcuno di caro,
un pensiero per tutti coloro che non sono più qui,
che non possono più essere accanto a noi,
ma possono essere ovunque noi siamo.
Ho avuto così oggi il mio momento di "cuore in pace" e per questo sono grata...