I testi di questo blog sono scritti da me medesima, mentre la dove fossero di Autori diversi la loro firma verrà sempre riportata. Se qualcuno dovesse riconoscere scritti di lavori altrui non adeguatamente segnalati può farlo notare e provvederò alla loro rimozione dopo essermi accertata dell'esatezza della segnalazione. Le immagini presenti sono mie o sono prese dal web, preferibilmente da: Picasa - Flickr - Deviantart, per i video musicali la fonte è You-tube.

mercoledì 26 aprile 2017

Hai presente......Le partenze....

 
Hai presente…

una stazione, un aeroporto, un porto,
un qualsiasi posto dove ci sia
una partenza?

La gente si saluta
si augura
“A presto!”
“Ma dai!”
“E’ solo un viaggio,
che vuoi che sia?”
(Eh già…
che vuoi che sia una perdita quando
non hai perso ancora niente?
Una partenza è, sempre, dire addio
a qualcosa…)
“Vedrai!”
“Il mondo
è solo un fazzoletto!”
(Già…)
“…una cartolina ogni tanto
scrivimi
quelle cose che tu sai…”
“…vedrai!”. “Non ci perderemo…
sentiamoci al telefono
intanto…”

(Eh già…una partenza
arriva sempre all'improvviso, mai
ti trova preparato a dire
addio,

a che la vita alla stessa
misura si restringa
a una voce senza volto,
a una foto tristemente aggrappata
al suo tempo,
a quattro parole scritte che presto
avranno perso significato

e che il futuro immaginato
non sarà più tutto
il tempo a venire
ma, tutt'al più
qualche minuto
ogni tanto,
fra una cosa e l'altra.)
 

Egidio Molinas Leiva - Partenza

lunedì 24 aprile 2017

Gelido buco nero...

Ho freddo.
È come avere
una grande mano gelida che
mi afferra lo stomaco,
in quello stritolare
il gelo si dirama, ovunque.
Per tutto il giorno
non ho aspettato altro
che arrivasse il buio anche fuori,
sembra fare compagnia
a quello che ho dentro.
Sapere il buio fuori da queste mura
mi permette di non vedere,
sembrano così meno stanchi questi occhi
anch'essi senza luce.
La testa mi scoppia,
gli occhi bruciano,
non riesco più a formulare pensieri,
a mettere insieme parole,
mi sento come un micropuntino
al centro di un mega mondo,
Sono persa.
Dov'è la mia bolla,
il mio rifugio,
il mio posto sicuro.
Eri e sei tu.
In quel buco nero
ho avuto paura di ammetterlo.
Sarà una lunga notte,
una stanza che non basto
io a riempirla, e,
nessuno e niente che
mi dia conforto,
quella comprensione complice
anche silenziosa
che pero' da sola
basta a scaldare tutto,
potrebbe sconfiggere il gelo
con la tenerezza
di un abbraccio.

Il peso tagliente del dolore.

Il peso del dolore non è sempre sostenibile.
La sua lama è affilata.
Il tempo passa ma esso resiste e
la sua lama sembra diventare sempre più forte,
sempre lucida e tagliente.
Nella vita ogni fonte di dolore fisica o interiore
 non ci prepara mai ad affrontare meglio
 quella successiva.
E' come se di volta in volta la frequenza del dolore
raggiungesse valori sempre più massicci.
Il dolore che vivi oggi è solo una infinitesima parte di
 quello che proverai domani.
Non sarai mai pronto abbastanza.
Lui crea delle resistenze,
è come una malattia verso la quale i farmaci
non riescono più a fare nulla.
Avanti così, se ce la fai.
 Finché ce la fai.
Così come ogni piccolo scalino salito,
 ogni piccola meta che credi raggiunta.
Pagherai per tutto il costo aggiuntivo di una grave perdita,
 verrai privato di qualcuno.
Ti ritroverai come al centro di un vortice
 contro il quale non potrai opporre nessuna forza di contrasto
 se non lasciare che ti trascini, a suo piacimento.
La terra sotto i piedi
non c'è più.
Sai Dio,
o chiunque tu sia,
io non volevo sopravvivere al cancro.
Pensavo mi avessi dato quella possibilità
per qualcosa di bello,
di più grande,
forse momento sereno di comunione
tra due persone.
Invece no,
il tuo disegno oggi
 ancor più di ieri
sempre più oscuro appare.

Forbidden...

Sai,
ci sono persone in grado di vedere colori che
non sono semplici colori.
Fanno parte di uno spettro che va oltre...
Sono colori che non chiunque è in grado di riconoscere o di accorgersi che ci sono, benché aleggino in mezzo a noi con noi.
Oh, quelli che li vedono se ne riempiono l'anima, si alimentano, vivono...
Una visione oltre il 4D.
E' quella immaginazione che ti fa scrivere, ti fa cantare, suonare, osservi tutto passandoci attraverso,
non restando sulla superficie.
Senti tutto in maniera esplosiva, così la gioia come il dolore.
Diventi parte, ti fondi col tutto, sei albero,
montagna, un torrente in piena, cielo,
 sei tu, sei lui, siete, eravate...
Ne hanno bisogno più della realtà stessa,
così la realtà non ti può sopraffare prendendosi gioco di te, rendendoti debole preda,
o forse il problema è proprio questo, sei così fragile proprio per questo tuo modo particolare di sentire.
E' come essere una strega bianca, fa solo riti benevoli lei.
Ma le streghe bianche non le vuole nessuno,
 sono streghe e basta,
come quelle che venivano messe al rogo solo perché conoscevano, anche guarivano a volte...
Conoscevano le piante, le guarigioni, avevano bisogno di toccare la terra, la pietra, di sporcarsi le mani, di riempirsi il torace con gli odori, infusioni di vita oltre la vita normalmente conosciuta.
Sono una fonte di spensieratezza, un pizzico di follia,
che ti permette di sopravvivere alla realtà
così cinica, egoista, crudele.
La realtà è un freddo sicario,
non ha scrupoli,
così come la maggior parte delle persone che da essa imparano
riti di sopravvivenza
che insanguinano l'anima delle persone.
Sono colori proibiti.
Proibiti perché non si possono condividere con chiunque,
se tu li vedi e li vivi
non puoi mostrarli a chiunque.
Sono solo poche,
sono persone speciali,
sono sensibili,
vivono all'interno e
tutto questo colore proibito e riservato
porta conforto, calore, luce...
E' quel passo che riesci a fare giorno per giorno,
se lo puoi condividere con qualcuno che è come te
è una esperienza di magnificenza assoluta,
senza precedenti.
Se te ne privano
ti ritrovi inerme,
l'incapacità di movimento è annientante,
padroneggia su di te
come il peggiore dei carcerieri.
Ti attende una prigione buia,
niente finestre, manca l'aria,
il tempo trascorso in quel buio
indebolisce la vita, i sensi,
ti avranno privato di tutto.
I tuoi colori proibiti
resteranno un ricordo offuscato
dalla assetata realtà
che sarà il tuo
Boia senza pietà.

Verrò a trovarti.

Eppur
son sempre più convinta che
il dolore
non è nella morte.
Il dolore è quello che proviamo in vita
ogni giorno sulla terra
ad ogni passo.
Tanto spesso a volte
da formare un invalicabile
ostacolo
tra te e la vita.
La morte e' pacificazione,
tutto si placa
ecco,
il cuore finalmente in pace,
più nulla da cui sfuggire,
più nulla di cui sentire
mancanze e vuoti.
Tutto si tacita.
Come te A, che ti arrampicavi ,  sei andato avanti anni,
poi correvi e correvi,
sempre avanti.
Ma anche tu ti accorgesti che era come stare
su di uno specchio
e le mani, le dita
non riuscivano più a far presa.
Si scivola giù
e' una forza innaturale che
contrasta la nostra mentre altri ci dicono
"Ce la fai, dai che ce la fai "
Poi realizzi che il tuo posto
è altrove
anche se non sai ancora
quando, come, dove.
Sai A pensavo di venirti a trovare uno di questi giorni...

sabato 22 aprile 2017

Pezzi.
Quelli grandi
Che se non stai attenta
Ti ci inciampi,
o se li vede qualcuno
con un calcetto
li sposta un po più in là
sapendo che non si
ricomporra'.
 Poi tanti,
 tanti,
Infinitesimali micron
di Particelle
non più visibili ormai
a occhio nudo
ne dà me ne dà altri.
Si infiltrato
si insinuano
come la polvere sottile
che l'ossigeno
dai tuoi polmoni
farà sparire.


giovedì 20 aprile 2017

Puttane....

Spesso mi son trovata a dire
se rinasco  un'altra volta
puttana voglio diventare,
essere una buona donna
più male non mi poteva fare.
Un po bambina
un po donna
un po puttana.
Ma la puttana la devi
sapere fare,
Lei con amore
sentimento e cuore
non ha nulla
a che fare.

martedì 18 aprile 2017

Oblio...

Farebbe qualche differenza se io continuassi a esserci in questa vita o no?
Qualcuno sentirebbe la mia mancanza?
Non credo.
Nessuno se ne accorgerebbe.
Quasi 50'anni.
Un passato di merda.
Di perdita, di lutto.
Mi ha perseguitato a lungo tutto ciò di cui mi volevo liberare,
è svanito tutto quello e chi mi facesse bene avere accanto.
Non sono stata capace di farmi amare.
Non sono stata capace di far rimanere.
Le persone immaginano di provare sentimenti, si commuovono e poi rimuovono.
Tutto quello che rimuovono ti si scaglia addosso.
E tu muori, volta dopo volta, giorno dopo giorno.
Ha quindi più importanza un corpo che cammina o liberare l'anima?
Paure, chiusure, poi vedesti quella che assomigliava alla pura luce.
Fiducia, speranza, era il momento di lasciarle entrare per potersi riappacificare
col mondo dentro me è quello fuori.
Sono stati bagliori.
Poi di nuovo un deserto immenso.
Cosa cazzo ancora vuoi da me?
Cosa stai cercando di dirmi vita di merda?
Non ho più tempo per i tuoi giochi perversi.
Occhi vuoti,
enfiati di pianti che
 non trovano consolazione più in nulla di ciò che vedono.
Non osservano più,  stanchi e pesanti.
La vita continua a punirmi.
A volte mi domando in quante vite precedenti ho vissuto e
 quanto male devo aver fatto.
I conti sono senza fine.
Ma ormai "ho svuotato anche l'ultimo dei salvadanai"
ho finito anche gli ultimi spiccioli
che potevano permettermi
di saldare tutto e
provare a ripartire.



lunedì 17 aprile 2017

Adesso,
Non si può dire che sia abbastanza.
È troppo,
Troppo di tutto,
Il vissuto, il patito,
I vuoti le perdite,
Le separazioni...
Il sentirsi ripetere
che c'è la farai,
i no,
Che indietro non si torna mai.
Più di tutto ciò che
 potevo vivere,
che potevo sostenere,
piu di ciò che i miei occhi
 potessero vedere.
Non è più possibile
Svuotare, alleggerire,
dimenticare,
alzare gli occhi,
in avanti guardare.
Per non sentire più
una via unica
da praticare.
È un enorme peso che schiaccia,
ti sconquassa,
sei li a terra e lui
preme , ti ammazza.
Ci sono persone
non destinate ad una serenità
Terrena.
Attraverseranno
la via parallela.

domenica 16 aprile 2017

Sola...

Ore 13.05,
inizio a scrivere.
Penso che a quest'ora molte persone staranno banchettando.
Esco un attimo in terrazza, odori di griglia e brusio di famiglia, mi viene da rimandare e decido subito di rientrare.
Non ho fame, non pranzo.
L'ennesimo pasto che salto nelle ultime lunghe settimane.
La scuola mi mette a dura prova.
Le lezioni si accavallano con la fine dei turni di lavoro tanto che il tempo di pranzare non c'è.
Dopo un pò senti lo stomaco in quella morsa stretta, ci fai l'abitudine,  diventa normale.
Un modo come un altro per rimettersi in pari con la bilancia.
Stamattina ho smontato dal turno di notte.
Ho gli occhi pesanti, occhi stanchi, segnati.
Gonfi di pianto anche.
Eppure una volta a casa l'idea di andare a letto, tentando di riposare, ma in realtà aspettando solo che il tempo passi e venga presto sera mi mette ansia.
Decido di uscire, ore 8.30, così come sono, il volto segnato dalla notte lavorata e insonne, i pantaloni della tuta, metto solo una felpa pulita, le solite scarpe da ginnastica e con passo deciso,
come una che sta andando in guerra vado verso la macchina.
Apro la portiera, salgo, serro  le mani sul volante, lo stringo forte.
Non so cosa fare, dove andare.
Accendo il motore, metto il cd, esco dal parcheggio.
Le strade deserte, cerco la vista di panorami che mi siano amici, prendo la Boatina.
Cerco velocità, Marroned nelle orecchie, lacrime scendono copiose,
vorrei schiantarmi da qualche parte...
Non succederà,  non oggi.
Penso al Carso, a Gradina, Castel Cadorna.
Lassù, alla fine di una piccola galleria, c'è una specie di piccolo terrazzino con vista sul Lago di Doberdo'.
Quello è il luogo che avevo identificato come il mio "posto sicuro", era un esercizio che facevo con la psicologa.
"Pensa ad un posto che per te è sicurezza e tranquillità,  fissalo nella tua mente e torna li ogni volta che ne hai bisogno."
Questo mi ha insegnato.
Non mi riesce sempre, ci provo spesso.
Ma non oggi, è una giornata particolare, la zona è molto frequentata, meglio non rischiare.
Decido di andare a Marina Julia e fare tutto il giro, partendo da Marina Nova.
Lungo la strada incrocio tantissimi ciclisti, veramente tantissimi, da Gradisca, a Fogliano, Redipuglia, sino a Ronchi dei Legionari, così sia all'andata che al ritorno.
Chissà,  forse anche lui, il ciclista, oggi salta il pranzo appagato dai muscoli che spingono forti sui pedali e dal sudore, che prodotto da quella che e' una buona causa e' una gran soddisfazione, mette la bandana in testa perché il sudore dalla fronte non scenda sugli occhi offuscandoli.
I miei sono offuscati abbastanza ma non tanto da impedirmi di vedere...
Arrivo a Marina Julia piena di pensieri, immagini e visioni.
Ma lei è deserta, c'è silenzio e pace.
Improvviso i primi passi quasi timorosa.
Sembra tutto composto, nulla sembra ostile nell'atmosfera, così prendo coraggio.
Qua e là incrocio qualche persona, poche in realtà,  chi con l'amico cane, qualcuno corre, coppiette che sembrano parlare sottovoce per non disturbare la quiete silenziosa interrotta solo dal suono del vai e vieni delle piccole onde del mare.
Ma non ho potuto fare a meno di notare che, noi, quelli soli, eravamo di più.
Sguardi intensi, altri persi, alcuni quasi concentrati in un naufragare come se dal mare stessero aspettando qualcosa, qualcuno.
Io, che non ho più niente da aspettare,
 ho cercato, in quelle ore, di far naufragare tutte le nubi nere dei miei pensieri nel mare.
Auspicavo una corrente favorevole, che almeno per un pò me ne facesse sentire meno il peso.
Spero che il mare non me ne voglia se ho condiviso con lui la pesantezza di giorni e pensieri. Non cercavo ne torto ne ragione ma solo un amico silenzioso e imparziale che mi porgesse un orecchio e che mi stesse ad ascoltare.
Mi sono sentita accolta.
E forse è così che deve andare, alcuni di noi, dalle persone devono stare lontane, non ci sanno fare, io per prima.
Sento forte la stanchezza ora, realizzo che oggi è il 16 e l'ultima notte dormita è stata quella del 14.
Si, ora è meglio che cerco di riposare perché veramente ne ho bisogno e non perché attendo che venga sera.



venerdì 14 aprile 2017

Vivere senza felicità a tutti i costi...

Ho sempre sostenuto, che,
 per chi non li gradisce e sopporta benevolmente,
i periodi delle Feste comandate dell'anno siano un momento di tortura e fastidio.
Quasi destabilizzanti.
Eppure vedo intorno a me,
 un indaffaramento collettivo e la "felice" frenesia del prequel.
Sino al momento in cui tutto sarà compiuto, come sempre.
Che poi, solitamente, sono gli stessi dai quali senti dire alla fine: "Meno male che è passata, non ne potevo più".
Ognuno a suo modo ha qualcosa da organizzare col sorriso sulle labbra, rigorosamente, che maschera lo stress dei preparativi affinché tutto vada bene.
 Alcuni, a dire il vero, lo fanno senza tutto l'entusiasmo di altri vedendolo come, si, un momento di riunione e incontro, forse condivisione,
 ma anche come un tour de force dopo il quale torneranno al lavoro con lo stomaco ben pieno e i nervi stressati, messi a dura prova o da madri petulanti, forse suocere impiccione, figli troppo vivaci, banchetti che metteranno gli stomaci a dura prova e non gli bastano 3 giorni per smaltirli.
E' che alla fine trovi sempre chi si lamenta, anche della felicità ostentata pochi giorni prima.
Poi c'è tutto un insieme di norme che non si possono trascurare...
La norma prevede che a Natale, nonostante festività che rappresenta la nascita (quale gioia può superare quella provocata da una nascita?) tutti sono più compiti, raccolti, diventano buoni, si commuovono, è come se all'improvviso, per qualche giorno chiunque riscoprisse di avere una coscienza, peccato solo il dimenticarselo la mattina del 27 Dicembre.
Per assurdo, a Pasqua, ricorrenza di una morte,
 tutti sono più gioiosi, sorridenti, "felici", forse perché è primavera,
 le giornate si sono allungate, tutto fiorisce (almeno fuori),
ci sono da preparare i cestini per i pic-nic sui prati (e tutti pregano, pregano soprattutto affinché non piova la notte prima perché altrimenti l'erba sarà bagnata e non potranno stendere le coperte ove appoggiare  i loro cestini).
Ah, dimentico però una cosa importante,
 Pasqua è si morte, ma, altresì Resurrezione,
 adesso ho capito, è sicuramente per questo motivo che c'è tanta felicità nell'aria.
Trovo già agghiacciante il fatto che, dalla tradizione popolare e religiosa, vengano indicate come "Feste Comandate", quasi un termine imperativo che mi dice: "sei obbligata a essere felice e serena, almeno in quei giorni".
Ebbene, no,
non sono felice, tanto meno lo sono in quei giorni che la religione, e non solo lei, mi vorrebbe comandare.
La gioia e la felicità sono uno stato mentale, sono uno stato dell'anima.
Devono esistere condizioni reali e concrete per cui ci si possa sentire così.
Per cui io mi possa sentire così, e, sono sempre più rari...
Io sono felice quando penso a mio figlio, che, sta iniziando in qualche modo a compiere il suo destino, avevo temuto che avrebbe impiegato più tempo, ma non potevo far nulla, se non stargli accanto e osservarlo,
sono felice perché è arrivato a questo punto da solo, con le sue forze, raggiungendo piccole consapevolezze dopo ogni piccolo fallimento, con genitori che gli sono stati vicini  pur dicendogli: "non ti possiamo indicare noi la via perché probabilmente non sarebbe la tua",
Grazie Alex.
Sono felice quando penso ad un rapporto madre-figlia che con gli anni si è placato delle incomprensioni e ha avuto la forza di trovare un suo spazio a valle, nel verde delle pianure, abbandonando tentativi di continue scalate che nessuna delle due era in grado di affrontare.
Ora facciamo solo quello che sappiamo fare, senza improvvisare azioni o parole, senza rivangare terreni che furono aridi per noi.
 Grazie Mamma.
Sono felice quando ripenso alla montagna, ai posti che ho visto, a cosa mi è stato trasmesso, in che modo e da chi.
Sono felice quando apro gli occhi della memoria sulla parte di me che autenticamente mi è appartenuta e mi ha permesso di crescere in quegli anni.
Potrebbe essere un trampolino di lancio per "l'infinito e oltre", invece no,
è un attracco sicuro, ritorno li quando mi dimentico di me stessa, dimentico chi sono e cosa sono in grado di fare.
Grazie Mr. Erby.
No, non sono felice per quanto riguarda il resto,
no, non festeggerò la Pasqua, lascio questa prerogativa ad altri.
No, non potrò avere la mia famiglia accanto a me, per tutta una serie di motivi che stanno condizionando la mia vita in questo momento, ma so che il pensiero gli uni verso gli altri ci conforterà.
No, non cercherò compagnia, non ne voglio.
Ho la mia casa, sarà per me in quei giorni il mio rifugio sicuro.
Avrò i miei pensieri a farmi compagnia, la musica, forse avrò voglia di scrivere....
Non dimenticando che, in questi giorni, il concetto che maggiormente meriterebbe di essere compreso ed espresso è quello della
Resurrezione,
soprattutto per me.

mercoledì 12 aprile 2017

Prenditi cura...

Oggi giornata di riposo dopo lo smontante notte di ieri.
Alle 9.00 di stamane mi sono dovuta recare lo stesso al lavoro,
oggi lavori di concetto.
La coordinatrice organizzativa mi ha chiesto collaborazione per la stesura dei nuovi piani di lavoro che vanno aggiornati e riprogrammati tenendo conto che inizieremo a lavorare con dei Tablet e verrà così abbandonata tutta la parte cartacea che riguarda la compilazione di schede, moduli, quaderni, passaggi di consegne, ecc.
In realtà sto rivedendo le mie opinioni rispetto al lavoro d'ufficio.
Si tende a pensare che la persona che si trova col culo su una sedia davanti ad una scrivania lavori o fatichi meno di altri.
Non è proprio così.
 Ci vuole concentrazione, dedizione, una precisione che non deve lasciare spazio a dubbi o possibilità di errore.
Sarà che in questo periodo devo sostenere ritmi frenetici, i turni di lavoro, le notti, le lezioni a scuola, le pretese di alcuni docenti che sono veramente intransigenti, e queste collaborazioni per le quali avevo già, nei mesi scorsi, dato disponibilità e non mi volevo tirare indietro proprio ora che il grosso del lavoro, tutto sommato, è stato fatto.
Fatto sta che rientro a casa alle 14.
La testa piena, mi risuona e rimbomba piena di dati, informazioni, numeri.
Sento forte il bisogno di qualche ritaglio di tempo per accogliere il silenzio e consentire alla centrifuga che ho in testa di completare e terminare il suo ciclo.
Rientri e ad accoglierti la casa vuota, anzi no, c'è la piccola Stitch, lei non parla ma, con quell'unico occhio che le è rimasto, non mi perde di vista. A volte è come se mi osservasse con l'occhio e sentisse con la sua sensibilità interiore il mio stato d'animo.
Così negli anni mi sono accorta che cambia il suo modo di guardarmi in base al mio stato d'animo interiore, tanto che a volte penso sia un po' triste o preoccupata per me.
Sono stanca, assolutamente si.
Il primo mese di ripresa degli studi impegnativo, ma non ho perso la grinta ne il metodo che tanti anni fa mi permise di essere una buona studentessa col raggiungimento di risultati appaganti.
Ecco che ritorno li, sapere le cose e non perderle riuscendo a metterle in pratica ogni volta che ne hai bisogno.
Quando arriva un periodo down, durante il quale magari anche la sfera personale sta attraversando periodi dove metti in discussione un sacco di cose e devi tornare all'origine di tutto. Ripartire da te.
Questo non vuol dire che "sapere di sapere" ti costa meno fatica o che tutto diventa facilmente affrontabile,  ma, è sicuramente una consapevolezza che non dovremmo mai perdere di vista, aiuta la nostra autostima.
Il potersi dire:
"lo so e c'è la posso fare",
 sta alla base di ogni forma di aiuto che ogniuno di noi può e  deve dare a se stesso.
Volersi bene è anche questo senza ombra di dubbio.

"Non far cazzate, prenditi cura di te", così mi dicesti...
Lo stò facendo, probabilmente non è mai troppo tardi per crederci davvero...

martedì 11 aprile 2017

R.I.P

Montasio 10 Aprile 2017.

Antonella 38 anni, Cristiano 41 anni e il Montasio.
15 anni di vita insieme, di passioni condivise, l'amore tra loro, l'amore per la montagna.
Proprio la montagna tanto amata ora li ha divisi...
Per sempre.
Forse la Montagna lo ha amato tanto da volerselo tenere, a sua volta, per se.
Ho sentito Antonella stamattina.
Un dolore profondo, lacerante...
Una perdita che in nessun modo, per quanto tenterà di andare avanti, potrà mai essere colmata,
colmata da niente e da nessuno.
Sono i lutti importanti della vita, perdite,
comunque perdite di una vicinanza, presenza, complicità e intensità di sentimenti,
 ai quali non voglio dare un nome,
 che ti è concesso di provare e vivere una volta soltanto.
Eppure lei è una psicologa, conosce i modi, pratica e attua le metodologie, lei sa...

No, non basta sapere le cose per attuarle, non basta saperle nemmeno a lei che è un tecnico del settore.

Così stamane ci troviamo a raccontarci che Cristiano non meritava di morire,
 non a 41 anni, non da solo,
 non in un posto che conosceva al millimetro,
 non in un luogo che era per lui e per loro "il loro posto sicuro, il posto buono".

-"Marianna sono stanca del dolore"-
Gli occhi le fanno male,
sono gonfi,
 che il dolore ha il potere di farti perdere la forza di respirare,
il vuoto intorno come una voragine che ti risucchia.

Racconta di due anime che,
 resteranno legate per sempre anche se le strade si dividono,
lei già sa il suo domani non sarà più lo stesso perché,
 obbligata a rinunciare a lui,
 una parte di lei  se ne è andata e non tornerà più.
La musica, la montagna, il suo sorriso, i progetti,
 l'amore che ha saputo evolversi negli anni e con gli anni.

Non ce nulla che io le possa dire, la ascolto e piango con lei,
nonostante anche io conosca bene quel dolore mai smaltito, mai finito,
 che mi è diventato quasi amico,
riesco solo a dirle che
se il dolore si potesse cedere ne prenderei un pezzo io per aiutarla a sostenere quel peso,
ma Antonella sa bene che è solo suo,
così come lo sappiamo tutti e lo impariamo a nostre spese.
Forse non ci è concesso che
 ci resti accanto per sempre chi abbiamo davvero amato,
ma, avremo Amato veramente colui che per sempre ci mancherà.
Il nostro "per sempre" sarà questo

"Vai in Montagna,
torna sempre nei posti che sono stati i vostri posti,
 parla con lui,
 lancia il tuo grido di dolore
nel vuoto sottostante,
all'infinito orizzonte,
che arrivi sino a valle,
li lo ritroverai sempre,
lascia che la terra
si inondi col tuo pianto
Lui li ti sarà sempre accanto"
Marianna.








Si dice che...

Si dice che nella vita
tutto sia un sottile
equilibrio.
Qualcuno dice che nella vita
tutto ha un inizio e
tutto ha una fine.
Concetto plausibile, se,
tra l'inizio del tutto e la fine
si produce un risultato
 senza che ogni volta
i capitomboli siano sempre gli stessi.
In natura,
la dove l'azione dell'essere umano
non rovina qualcosa,
gli equilibri sono perfetti.
Ondeggiano, con movimenti or leggeri,
ora più decisi
per riuscire ad assecondare
il passare del tempo e
 il susseguirsi delle stagioni.
La natura, Lei no, non fa mai danni,
agisce secondo leggi e principi, che,
per quanto naturali son sempre quelli,
come un caposaldo della vita,
una linea guida.
La natura fa quello per cui è portata,
non improvvisa, non si cimenta,
Lei è....
È , e basta.
Lei Sa cosa è,  di cosa è  fatta,
di cosa ha bisogno,
Lei sa cosa deve fare, sempre.
Gli esseri umani, invece,
me compresa,
non imparano mai.
Invece di mantenere equilibrio
lo perdono
rifiutando il passare del tempo,
ribellandosi alle stagioni,
inseguendo fallaci utopie,
improvvisando,
cimentandosi in materie della vita
che non gli erano dedicate
sin dalla nascita,
per una questione di geni,
per una questione di destino, chissà.
Ma, nel bene o nel male,
un po tutti,
proviamo, improvvisiamo,
ci collochiamo,
o per lo meno tentiamo di farlo.
La tenacia del provare a volte può essere quasi un fattore positivo,
ma i risultati difficilmente ci danno ragione.
Sempre troppo tardi
ci rendiamo conto che
nell'equilibrio naturale che ondeggia
nel nostro destino
non tutte le vie per noi sono aperte,
molte, anzi, ci sono preclude,
solo pochissime sono le nostre vie,
molto spesso solo una quella percorribile.
Se ti fermi un attimo
comprendi che hai da sempre una collocazione dentro quella via,
l'unica possibile, quella giusta,
per alcuni forse scrivere o suonare,
essere un buon parlatore,
essere in grado di parlare come scrivi e scrivere come parli (segno di consapevolezza e coerenza),
per altri è essere un viandante lasciando in qualche modo
tracce di se un po ovunque,
per altri essere stanziale,
per altri la famiglia,
per alcuni di noi la dedizione verso la propria professione,
la solerzia e l'impegno negli studi....
L'importante alla fine è comprendere
e comprendersi,
non improvvisarsi
mai in ciò che non siamo,
in ciò che non siamo in grado di fare
e di sostenere,
in ciò che non fa parte del nostro destino.
L'importante è comprendere che
ogni nostra azione,
ogni parola detta e scritta
coinvolge non solo noi e il nostro equilibrio,
ma, anche quello delle persone
che lasciamo entrare nella nostra vita.
Ci vuole una gran consapevolezza
in primis nei confronti di noi stessi,
poi, non da meno,
nei confronti delle persone
che coinvolgiamo in quanto i danni che produciamo nell'animo di queste persone
non è quantificabile ne guaribile.
Ci vuole la consapevolezza di sapere
che siamo
Esseri umani
imperfetti, fragili, spesso soli.
Noi non abbiamo le
capacità magiche della natura,
nella quale tutto è talmente perfetto,
talmente consapevole.


La natura, Lei no, non fa mai danni,
agisce secondo leggi e principi, che,
per quanto naturali son sempre quelli,
come un caposaldo della vita,
una linea guida.

domenica 9 aprile 2017

Così scrivo,
come se scrivere fosse
la mia terapia,
un amico fidato,
l'unico e solo.
Scrivo e rileggo,
passo e ripasso sopra le parole ,
senza mai calpestarle
o fare loro del male,
come fossero petali di un fiore.
A volte per cercare quel particolare,
il filo conduttore che
mi resti impigliato tra le dita,
e ritrovare cosi' la via,
come per pollicino le briciole di pane.
Scrivo ponendomi ancora domande
che rimangano
il più delle volte
orfane di risposte.
Ecco che ritrovo in me,
per certi aspetti,
 il buon vecchio "Castaneda"
senza più  il "Don Juan" della vita.
Scrivo a testa bassa
come senso di raccoglimento
e un cuore,
che sa oggi come sapeva allora,
 d'essere stato amato,
 non c'era  mai
quel Maledetto
Ti Amo, ti amerò,  m'amerai.
Ma, mai parola solenne
per rispetto taciuta  fu,
nella mia vita,
trasformata in consapevolezza
d'amore perfetta.
Vi era fiducia piena,
recava stabilità e certezza.
Or barricate e sigilli
gridano forte,
stride la pietra,
della quale rivesto il cuore,
sotto il loro imponente peso:
ho messo alle sue porte spesse catene.
E resto a sfogliare le parole
 come fossero petali di un fiore,
petali di vita.


"Le cose le sai...Le hai sempre sapute..."

Uno ad uno toglierò quelli che nel buio fanno sentire solo male e dolore, gli altri mai.
E' così che giorni felici ne ho avuti pochi,
ma probabilmente sono stati indice della fortuna che mi è stata,
in passato, concessa.
Fu forse la mia unica vera possibilità...
 Le canzoni dei giorni iniziavano con
sottofondi di melodie e canti,
i canti degli uccellini in primavera,
i respiri del vento tra i rami degli alberi,
o semplicemente piccoli rumori delle cose di casa,
le grida di un bimbo felice
che giocava al parco finita la scuola.
Iniziavano così le giornate felici,
come nelle prime battute di tanti brani dei
Pink Floyd.
Un misto di serenità e malinconia, in quella incapacità di gioire forzatamente,
a tutti i costi senza un motivo realmente vero e puro, per cui ne valesse la pena.
Una malinconia che accompagna alcuni...
E poi!?
Poi, su quelle note, si apriva un mondo,
come se avessi partecipato a concerti memorabili durante i quali
ho cantato alzando le mani al cielo, gioito, mi son commossa e ho pianto,
un grande contenitore di cose buone,
un grande contenitore nel quale anche le cose meno buone
erano utili perché con esse crescevi e miglioravi.
"Evolvevi".
Io e l'evoluzione, già,
abbiamo avuto spesso un rapporto non ben bilanciato.
Lei, l'evoluzione, mi indicava la via, quella della vita, della giustezza delle cose.
Perché si,
avevi ragione tu Mr. ErBy, hai sempre avuto ragione,
io le cose le sapevo e le so,
le so prima che accadano, le so durante il percorso,
eppure...ne prendo consapevolezza piena solo alla fine.
Quando sbalzata fuori dal finestrino
dell'ennesimo Autobus sbagliato della vita
mi ritrovo sola e immobile, ma, nuovamente sulla mia strada...
Lo sbaglio, l'errore, quella valutazione così spesso maldestra e azzardata.
Quella cocciutaggine talvolta insopportabile anche a me,
la rabbia,
inondata talvolta dal peso di quel male di vivere.
Ora non ci sono più mezzi sui quali valga la pena salire,
il metro di paragone che mi dona e porge il passato alle mie attuali riflessioni
ha un peso troppo importante per lasciare dubbi e spazio ad altro.
Ci voleva "cura", di quel tipo che scrivono nelle raccomandazioni dei pacchi fragili,
"Maneggiare con cura".
Come corde di una chitarre che non vanno strappate, mai.
Ho camminato a lungo con lo sguardo rivolto in basso, verso terra,
è il momento di rialzarlo, perché,
davanti a me si è aperta, come in una folgorazione, la mia strada,
quella che,
non avrò bisogno di salire da nessuna parte per attraversarla,
ne treni, ne autobus,
andranno benissimo i miei piedi, per quanto stanchi,
solo le mie forze, un grande impegno, rigore, senso del dovere, rispetto per me stessa,
non mi manca nulla, ho tutto,
tutto dentro di me e mai come ora è il momento di mettere tutto ciò nel mio
Amato Zaino, che,
dopo un attento inventario ho svuotato delle inutili cianfrusaglie,
mentre ancora contiene insegnamenti preziosi che avvolgono le spalle
senza lasciare i segni di pesi affannosi, sono doni che mi sono stati fatti in passato, quando avevo imparato ad ascoltare la musica della vita, sono certa mi siano stati fatti con amore,
li che conservo da tempo, sono da quel momento la mia cura, conforto e sostegno,
senza che nessuno sappia o si accorga,
a questo bagaglio di partenza aggiungo le poche caratteristiche menzionate poche righe sopra.
"Ce la farai, ce la devi fare, da quanto tempo stai aspettando?...Sono anni"
Così risuona la frase che mi accompagnerà.
Il peso è sostenibile,
i piedi reggeranno il peso, i muscoli si rafforzeranno, passo dopo passo,
anche se al momento indeboliti dall'immobilità di troppi mesi,
la strada la conosco perché è la mia, non mi fa paura,
I conti, anche io, li ho pagati tutti,
non lascio nulla in sospeso,
nulla che mi attenda all'arrivo.
La linea di partenza
non può più attendere.
E ho ancora spazi immensi da percorrere dentro di me.

venerdì 7 aprile 2017

Il vento oggi
 sembrava un respiro
 tra le foglie.
A volte al suo interno
Riesco ancora a sentire il tuo.
Resto li e giaccio
Ai piedi dell'albero,
Allora mi sento 
Un po più viva,
 completa.
In questi momenti
Mi affido a tutto ciò 
che del passato 
non va dimenticato.
Questo ora è 
il momento
della mia caccia,
vado a caccia di me 
per catturarmi 
una volta per tutte,
per non perdermi più, 
solo allora 
ogni spazio vuoto
si trasformerà 
in un luogo Santo.


"Non buttarti via"

Ricordo quelle 3 parole come se fosse oggi, adesso, questo momento.
Ci si butta via per tanti motivi alla fine.
Perché ci vogliamo far male.
Perché vogliamo ferire qualcuno che ci ha ferito.
Perché nel tentativo di dimostrare che siamo in grado di fare qualcosa di buono otteniamo l'esatto contrario.
Ci buttiamo via perché forse la nostra autostima e' ferita da chi ci ha buttato via prima che lo facessimo noi .
O forse perché la rabbia fa perdere di vista la pazienza trasformando il senso dell'attesa e di sospensione qualcosa di assolutamente dilaniante.
Eppure lo sapevo bene,  nel dolore ci devi passare attraverso, devi consentirgli di farti tutto il male possibile per alla fine sentire che sei pronta a sostenerlo.
Ma questo non prima che lui, il dolore, ti abbia abbattuta quasi sconfitta.
In realtà,  il tempo impietosamente passa, presenta il conto di tutto ciò che non abbiamo voluto comprendere e lo sbatte sul volto.
Tardi poi per dire "dai tempo al tempo".
Il tempo andava fermato qualche settembre fa.
Giochi fermi, nessun si muova.
Immobilità, è talmente necessaria in taluni momenti della vita.

"Non buttarti via"

Ecco, adesso lo so.
Me ne ricorderò.
Adesso ho uno scopo nella vita, non ha più nulla a che fare con la fantasia.
Il mio scopo sono io, con pochi obiettivi nella mente, ma, concreti, doverosamente raggiungibili.
Recuperando così qualcuno dei pezzi di me andati persi, dimenticati, forse buttati.
Un pò stropicciati ma necessari per riparare il puzzle della mia vita con pezzi costituiti solo da Marianna.


domenica 2 aprile 2017

Sempre accanto...

Anche in tempo di guerra mi riportate la pace.

L'età e la vita...

"L'età si conta in anni
la vita in altri modi"

No, non è una frase mia, mi si è conficcata nelle orecchie stamattina mentre stiravo, la tv accesa senza che seguissi realmente ciò che veniva trasmesso, forse solo nella speranza che qualcosa fosse in grado di attirare la mia attenzione.
 Durante il break pubblicitario, che non  ricordo nemmeno di cosa trattasse, questa frase mi penetra dentro.
Poggio il ferro da stiro sull'asse.
Mi assento mentalmente per qualche istante, la mia bolla, certo sempre pronta ad accogliermi quando ne ho bisogno, il mio posto sicuro.
 Con queste poche parole nella testa che mi fanno da sottofondo galleggio li dentro per un po'...
Partono istintivamente una serie di riflessioni che mi contaminano...
A cosa serve accumulare "età" se dalla vita non impariamo nulla, o se non viviamo la vita seguendo il nostro destino, ciò per cui evidentemente siamo venuti alla luce.
Luce...
La vita così dovrebbe essere: "luce", credo che il buio, quando arriva, in qualche modo lo portiamo noi.
Lo portiamo con i nostri errori, perseverando in modo testardo verso quello, che probabilmente, non era destinato a noi.
Comprensione!?
 Già hai ragione, la vita ti porta il saldo dei conti da pagare anche in termini di comprensione e sempre troppo tardi.
Così mi chiedo:- Marianna quanti anni hai?-
Questa è facile.
La risposta naturalmente la so, 48, anzi a breve saranno 49. Giunta quasi al famoso mezzo secolo di Vita.
E poi vado avanti con la mia piccola e semplice intervista personale.
-Marianna cosa hai imparato nella Vita?-
Ecco che qua mi perdo un attimo.
Forse ho imparato un po' di tutto e un po' di niente.
 Soprattutto di niente visto che ho perseverato in errori che non so più ormai se fanno parte di una certa mia inclinazione alla testardaggine e all'autolesionismo o se proprio sono dura di comprendonio.
Credo che arrivati ad un certo punto sia doveroso arrendersi all'evidenza dei fatti...
Mi guardo per un breve momento indietro nel tempo, attraverso la mia vita, le mie età.
-Marianna cosa desideravi fare, che adulta avresti sognato di diventare?-
La risposta non tarda ad arrivare, anche questa è facile:- sono dovuta crescere in fretta, papà se ne andò presto, troppo presto. Da lì credo abbia avuto origine la prima frattura importante con me stessa. Poi vedere mamma, rimasta vedova troppo presto per i suoi 35 anni, rifarsi una vita accanto ad un'altra persona. Li credo si sia originata la seconda profonda frattura interiore, da un certo punto di vista comprendevo, dall'altro no.
Ho ricevuto un'educazione severa, sicuramente dopo la scomparsa del babbo mamma sentì una grandissima responsabilità nel riuscire ad allevare la giovane adolescente che ero in modo retto e farla diventare "una donna per bene",
 quindi volevo diventare una persona responsabile, seria, con un gran senso del dovere.
 Ma un attimo, volevo o ho dovuto?
Questa si che è una bella domanda, la risposta magari anche la so ma non me la voglio dare.
Di certo non ho sempre reso tutti fieri di me...
Comunque, di certo desideravo studiare, ho sempre amato le materie letterarie e umanistiche. Dopo il Diploma di Istituto Magistrale sognavo una classe piena di marmocchi da accompagnare per un periodo verso la luce della vita.
Sono stata fortunata perché per un breve periodo mi è stato anche concesso.
Anche qua ci sarebbe spazio per una buona domanda, ossia:- mi è stato concesso per caso, o era la mia strada che mi chiamava e io l'ho seguita per un po' e poi le ho voltato le spalle?-
Mi esimo dal rispondere a questo quesito, ma giuro che ad oggi so la risposta.
 Dopo il Diploma mi immaginavo in un Ateneo Universitario, il conseguimento della Laurea, e poi chissà...
Avevo buoni propositi, si, credo di si.
Proprio in quegli anni, il primo grande errore, mettere da parte le mie aspirazioni, ciò per cui mi sentivo portata, per inseguire la chimera della famiglia.
Quindi mi butto tutto alle spalle per creare una famiglia," la mia famiglia".
Per colmare quelle profonde fratture dell'anima che si erano create durante la mia adolescenza?
Ad oggi credo di si.
E' stato fatto invano?
No perché nacque Alex, mio figlio che per sempre sarà la mia famiglia.
Quindi nel mio destino di sicuro c'era un figlio.
Per il resto, credo di aver inseguito, con caparbietà, per tutta la vita la realizzazione di tutto quello che non mi era destinato anziché prendere consapevolezza di ciò che era destinato a me veramente.
Oggi, all'età di 48 anni torno sui banchi di scuola, per completare la mia formazione il tutto legato alla professione che svolgo.
Un lavoro, che nonostante tutto, cerco di fare ancora con dedizione e passione.
Una prosecuzione di studi che, chissà, forse mi concederà, con tutto il dovuto impegno da parte mia, di migliorare il mio statu quo.
Una salute minata sotto tanti punti di vista, che, non so se mi permetterà di invecchiare dignitosamente.
 Ma anche in questo caso la vita mi sta insegnando qualcosa, ne sono certa, che sia la pazienza, che sia l'accettazione nei confronti del mio corpo e dei suoi cambiamenti.
 La pazienza, una metodica che durante la vita non ho saputo usare, o forse ne ho avuta talmente tanta che ora l'ho persa e devo tornare a cercarla!?.
Quasi mezzo secolo e, solo adesso ho compreso che il disegno che avevano per me il destino e la vita non erano quelli di una famiglia, di un compagno di vita col quale sopportarsi e supportarsi nei momenti di difficoltà.
 Per dirla romantica: "in ricchezza e povertà, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia", anche se fatti concreti, non parole buttate li meccanicamente, un tempo, mi avevano fatto pensare che era possibile veramente.
Poi, chissà, cambiano le cose, cambiamo noi, e le persone che sino a ieri ci erano accanto e alle quali eravamo accanto noi, non vedono più ciò che avevano visto all'inizio, non provano più quello che provavano.
Ora conto l'età in anni, guardo la mia vita che è altro veramente.
Comprendo che ne ho sprecata tanta perseverando su strade che non erano le mie, prendendo treni che non erano i miei, le destinazioni non erano per me e peggio non ho saputo scendere alla prima fermata possibile.
Comprendo meglio ora che cosa significhi essere un insieme di cocci incollati insieme.
 Ero sempre stata convinta, nella mia ingenuità filosofica, che con i cocci si creano i mosaici, essi sono pezzi d'arte che solo pochi possono saper apprezzare.
Ma per creare mosaici ci vogliono mani d'artista, quell'artista che non sono io.
Adesso però conosco il mio percorso, so la strada, che è unica, è assolutamente mia,
ed è .......
Sola.
Ogni altra vita o via mi è preclusa, ora lo so.






sabato 1 aprile 2017

Che ti sia lieve...

L'augurio è che il tempo 
ti disegni sempre un sorriso sul volto
 per ogni bel ricordo, 
che ti conceda di sopportare
 le ombre con tranquillità,
e che quello a venire 
ti tenga unito alle tue passioni.
Che ti sia lieve l'incedere del tempo, 
 per quanto inarrestabile
è  anche "irresistibile" è bello.

Hai presente...

Hai presente
quando tutto
intorno a te
sboccia e profuma,
attira e coinvolge i sensi,
ma dentro di te
hai solo desolazione
e i tuoi occhi
sono così stanchi
e i tuoi sensi
ormai spenti.
Eppur si vive
eppur la possibilità
di gioire
non c'è.
E nessuno può condividere con te il peso che porti.