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venerdì 14 aprile 2017

Vivere senza felicità a tutti i costi...

Ho sempre sostenuto, che,
 per chi non li gradisce e sopporta benevolmente,
i periodi delle Feste comandate dell'anno siano un momento di tortura e fastidio.
Quasi destabilizzanti.
Eppure vedo intorno a me,
 un indaffaramento collettivo e la "felice" frenesia del prequel.
Sino al momento in cui tutto sarà compiuto, come sempre.
Che poi, solitamente, sono gli stessi dai quali senti dire alla fine: "Meno male che è passata, non ne potevo più".
Ognuno a suo modo ha qualcosa da organizzare col sorriso sulle labbra, rigorosamente, che maschera lo stress dei preparativi affinché tutto vada bene.
 Alcuni, a dire il vero, lo fanno senza tutto l'entusiasmo di altri vedendolo come, si, un momento di riunione e incontro, forse condivisione,
 ma anche come un tour de force dopo il quale torneranno al lavoro con lo stomaco ben pieno e i nervi stressati, messi a dura prova o da madri petulanti, forse suocere impiccione, figli troppo vivaci, banchetti che metteranno gli stomaci a dura prova e non gli bastano 3 giorni per smaltirli.
E' che alla fine trovi sempre chi si lamenta, anche della felicità ostentata pochi giorni prima.
Poi c'è tutto un insieme di norme che non si possono trascurare...
La norma prevede che a Natale, nonostante festività che rappresenta la nascita (quale gioia può superare quella provocata da una nascita?) tutti sono più compiti, raccolti, diventano buoni, si commuovono, è come se all'improvviso, per qualche giorno chiunque riscoprisse di avere una coscienza, peccato solo il dimenticarselo la mattina del 27 Dicembre.
Per assurdo, a Pasqua, ricorrenza di una morte,
 tutti sono più gioiosi, sorridenti, "felici", forse perché è primavera,
 le giornate si sono allungate, tutto fiorisce (almeno fuori),
ci sono da preparare i cestini per i pic-nic sui prati (e tutti pregano, pregano soprattutto affinché non piova la notte prima perché altrimenti l'erba sarà bagnata e non potranno stendere le coperte ove appoggiare  i loro cestini).
Ah, dimentico però una cosa importante,
 Pasqua è si morte, ma, altresì Resurrezione,
 adesso ho capito, è sicuramente per questo motivo che c'è tanta felicità nell'aria.
Trovo già agghiacciante il fatto che, dalla tradizione popolare e religiosa, vengano indicate come "Feste Comandate", quasi un termine imperativo che mi dice: "sei obbligata a essere felice e serena, almeno in quei giorni".
Ebbene, no,
non sono felice, tanto meno lo sono in quei giorni che la religione, e non solo lei, mi vorrebbe comandare.
La gioia e la felicità sono uno stato mentale, sono uno stato dell'anima.
Devono esistere condizioni reali e concrete per cui ci si possa sentire così.
Per cui io mi possa sentire così, e, sono sempre più rari...
Io sono felice quando penso a mio figlio, che, sta iniziando in qualche modo a compiere il suo destino, avevo temuto che avrebbe impiegato più tempo, ma non potevo far nulla, se non stargli accanto e osservarlo,
sono felice perché è arrivato a questo punto da solo, con le sue forze, raggiungendo piccole consapevolezze dopo ogni piccolo fallimento, con genitori che gli sono stati vicini  pur dicendogli: "non ti possiamo indicare noi la via perché probabilmente non sarebbe la tua",
Grazie Alex.
Sono felice quando penso ad un rapporto madre-figlia che con gli anni si è placato delle incomprensioni e ha avuto la forza di trovare un suo spazio a valle, nel verde delle pianure, abbandonando tentativi di continue scalate che nessuna delle due era in grado di affrontare.
Ora facciamo solo quello che sappiamo fare, senza improvvisare azioni o parole, senza rivangare terreni che furono aridi per noi.
 Grazie Mamma.
Sono felice quando ripenso alla montagna, ai posti che ho visto, a cosa mi è stato trasmesso, in che modo e da chi.
Sono felice quando apro gli occhi della memoria sulla parte di me che autenticamente mi è appartenuta e mi ha permesso di crescere in quegli anni.
Potrebbe essere un trampolino di lancio per "l'infinito e oltre", invece no,
è un attracco sicuro, ritorno li quando mi dimentico di me stessa, dimentico chi sono e cosa sono in grado di fare.
Grazie Mr. Erby.
No, non sono felice per quanto riguarda il resto,
no, non festeggerò la Pasqua, lascio questa prerogativa ad altri.
No, non potrò avere la mia famiglia accanto a me, per tutta una serie di motivi che stanno condizionando la mia vita in questo momento, ma so che il pensiero gli uni verso gli altri ci conforterà.
No, non cercherò compagnia, non ne voglio.
Ho la mia casa, sarà per me in quei giorni il mio rifugio sicuro.
Avrò i miei pensieri a farmi compagnia, la musica, forse avrò voglia di scrivere....
Non dimenticando che, in questi giorni, il concetto che maggiormente meriterebbe di essere compreso ed espresso è quello della
Resurrezione,
soprattutto per me.

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