I testi di questo blog sono scritti da me medesima, mentre la dove fossero di Autori diversi la loro firma verrà sempre riportata. Se qualcuno dovesse riconoscere scritti di lavori altrui non adeguatamente segnalati può farlo notare e provvederò alla loro rimozione dopo essermi accertata dell'esatezza della segnalazione. Le immagini presenti sono mie o sono prese dal web, preferibilmente da: Picasa - Flickr - Deviantart, per i video musicali la fonte è You-tube.

venerdì 12 agosto 2016

Spazi vuoti...

Le cose, gli oggetti, la memoria a lungo termine.
Che importanza diamo alle cose?.
Per alcuni di noi le cose sono tutto,
 addirittura più importanti delle persone,
 dei sentimenti, degli affetti tanto da racimolarne con ingordigia in gran quantità sino a dimenticarsene addirittura di alcune in quel folle, anomalo ammucchiare.
Altri ritengono invece che tutto può essere utile ma allo stesso tempo di tutto si può fare a meno.
Quindi le cose sono solo cose?
Secondo me no.
O meglio,
 nel corso della vita ci sono alcune "cose" che tendiamo a conservare e custodire con gelosia e una cura avvolgente come un abbraccio.
Ho ancora il primo biberon di mio figlio e so che non me ne separero' mai,
così come altre poche cose che hanno un valore affettivo,
profondamente legato alla memoria e a miei ricordi tra i più cari, non quantificabile.
Sono quelle che hanno una loro voce,
 raccontano un pezzo della nostra storia,
di ciò che eravamo e ciò che siamo oggi anche per merito della nostra storia passata.
Sono quelle che quando te le ritrovi per le mani o ci ricadi sopra con un'occhiata fugace rievocano momenti e noi in quelle cose rivediamo noi stessi,
quello che abbiamo fatto, ciò che abbiamo imparato, chi abbiamo accolto, chi abbiamo perso.
E io non da meno avevo e ho le mie.
Eppure sapevo bene che da una parte di esse dovevo allontanarmi perché potesse proseguire il mio percorso di distacco e di conseguente crescita con lo sguardo nuovo,
di nuovo sereno rivolto al futuro.
Già, il tempo crudele o forse solo troppo giusto, lui non si ferma, non ci aspetta, sia che noi siamo pronti o no.
Così c'era una tuta da moto che mi ha tenuta al riparo dalle intemperie con le sue imbottiture,
e mi avrebbe protetto in caso di caduta con i rinforzi ai gomiti, sulle ginocchia e alla schiena.
Così c'erano i miei due caschi oltre le cui visiere i miei occhi vedevano un mondo che sembrava diverso, più bello e libero.
Aria, c'era quel contatto diretto con l'aria che mi faceva venire spesso voglia di allargare le braccia con la velocità che me le spingeva indietro e io a voler tentare di toccare e abbracciare ogni dettaglio che sfrecciava.
 Attraverso quelle visiere mi sono spesso anche commossa per la maestosa bellezza dei panorami.
Sono una sciocca?
Si forse una sciocca, sentimentale, sempre così troppo emotiva.
Lo chiamano vivere "di pancia".
Oggi mi ritrovo a essere davvero più razionale, credo che una forma di protezione e difesa nei confronti di me stessa mi impone, quasi, di vivere quello che mi capita più con la ragione che con l'emotività,
peccato, in questo senso credo di aver perso qualcosa di me.
Ma torno al discorso principale.
 Così c'era la bicicletta, bella, di marca, costosa, che mi ha accompagnata sulle ciclabili del Friuli, della Val Pusteria da San Candido a Lienz e della Slovenia,
 facendomi sentire un tutt'uno con ciò che mi circondava, ho fatto fatica, i tanti km sul sellino,
 l' imbottitura all'interno dei calzoncini che sembrava non bastare mai, eppure quella fatica mi piaceva, in qualche modo mi completava e mi dava nuovo coraggio, comprendevo che "ce la si può fare, sempre",
non vi nego che di sera, di ritorno a casa, dopo la doccia era quasi una soddisfazione dovermi riempire di pasta di Fissan per alleviare i fastidi dello sfregamento prolungato della pelle a contatto col sellino.
 Eppure si, sapevo che dovevo allontanarmi.
Ma come? Buttando via?
No, credo, comunque sia, che non si mette il passato in un sacco per gettarlo nel cassonetto delle immondizie.
Vendere?
Assolutamente no, non ho mai pensato ad un possibile eventuale guadagno.
Ho sempre pensato che sia gettare che vendere equivalesse quasi a rinnegare e sotto stimare esperienze che con tanto entusiasmo ho vissuto.
Dovevo trovare le persone giuste alle quali mi sentissi di "donare" quella parte di me, quel capitolo del racconto della mia storia.
Desideravo trovare qualcuno che permettesse a quelle "cose",
che come avrete compreso per me non sono mai state semplici cose,
 di iniziare a vivere di nuovo
 per raccontare una nuova storia,
in un posto nuovo,
 con occhi diversi dai miei,
ma che fossero occhi belli.
 Avevo bisogno di sentirmi serena nel momento in cui le lasciavo finalmente andare alla loro nuova vita.
 Non avevo un piano, non capivo cosa era giusto fare.
Così ho aspettato, non ho avuto fretta.
E.....l'incontro e la conoscenza con Sofia e Markus,
vedere il loro furgone-camper,
vedere la loro moto, una Suzuki anche lei di quel blu graffiante,
 capire il modo che hanno di viaggiare,
mi ha fatto sentire che si,
loro erano le persone giuste alle quali affidare tutto ciò che
doveva partire per un nuovo viaggio,
iniziando di nuovo a prendere appunti su nuove storie,
di vita,
 tracciando i confini di nuovi racconti.
E restano così ora quegli spazi vuoti sui quali ancora si poggia lo sguardo e non vedo più tutto quello che mi ha fatto così bene,
ma mi ha fatto così male.

Nessun commento:

Posta un commento